La lingua italiana ha un sistema convenzionale di regole di sillabazione dal 1969, anno in cui sono state fissate dall'Ente Nazionale Italiano di Unificazione (norma UNI 6461-97), un'associazione privata. Per stabilire dei criteri di suddivisione delle parole si è fatto ricorso al concetto di sillaba che però è un'unità prosodica (relativa quindi ai suoni) di difficile e controversa definizione. Alla base delle norme convenzionali che ciascuna lingua si è data per poter spezzare le parole nei testi scritti, c'è una mancanza di omogeneità degli oggetti trattati. Anche per l'italiano, che ha una struttura sillabica relativamente semplice, non sempre l'applicazione delle regole risulta immediata e lineare.
Queste sono le regole per dividere correttamente le parole in italiano.
- Una vocale iniziale seguita da una sola consonante costituisce una sillaba: e-la-bo-ra-re; a-lian-te; u-mi-do; i-do-lo; o-do-re, u-no.
- Una consonante semplice forma una sillaba con la vocale seguente: da-do; pe-ra.
- Non si divide mai un gruppo di consonanti formato da b, c, d, f, g, p, t, v + l oppure r: a-tle-ti-ca; bi-bli-co; bro-do; in-cli-to; cre-de-re; dro-me-da-rio; fle-bi-le; a-fri-ca-no; gla-di-o-lo; gre-co; pe-plo; pre-go; tre-no; a-vrà.
- Non si divide mai un gruppo formato da s + consonante/i: o-stra-ci-smo; te-schio; co-sto-la; sco-iat-to-lo; co-stru-i-re; ca-spi-ta, stri-scio-ne.
- Si dividono i gruppi costituiti da due consonanti uguali (tt, dd, ecc. e anche cq) e i gruppi consonantici che non sono ammessi ad inizio di parola (del tipo cn, lm, rc, bd, mb, mn, ld, ng, nd, tm): tet-to; ac-qua; ri-sciac-quo; cal-ma; ri-cer-ca; rab-do-man-te; im-bu-to; cal-do; in-ge-gne-re; quan-do; am-ni-sti-a; Gian-mar-co; tec-ni-co, arit-me-ti-ca.
- Nei gruppi consonantici formati da tre o più consonanti (rst, ntr, ltr, rtr, btr) si divide prima della seconda consonante, anche in presenza di prefissi come inter-, trans-, iper-, sub-, super-: con-trol-lo, ven-tri-co-lo, al-tro, scal-tro, in-ter-sti-zio, tran-stel-la-re, i-per-tro-fi-co, sub-tro-pi-ca-le, su-per-cri-ti-ci-tà.
A creare i dubbi maggiori è l'incontro di vocali; in particolare, bisogna sapere distinguere i casi in cui due vocali danno luogo a un dittongo dai casi in cui - invece - formano uno iato. Infatti, quando siamo in presenza di un dittongo non possiamo dividere le due vocali, mentre è possibile farlo in presenza di uno iato.
Il dittongo è un gruppo costituito da una vocale preceduta da una semiconsonante (i, u, quindi le sequenze ia, ie, io, iu, ua, ue, uo, ui) o seguita da una semivocale (i, u, quindi le sequenze ai, ei, oi, ui, au, eu). Infatti, nel sistema fonologico dell'italiano, la i e la u possono rappresentare anche due suoni che prevedono una durata molto più breve e un'articolazione leggermente diversa rispetto alle corrispondenti vocali, intermedia tra la vocale e la consonante. Nelle regole di divisione in sillabe i dittonghi non possono essere spezzati, per cui sono corrette scansioni sillabiche come: au-gu-ri; au-to; vio-la; in-dia-no; pio-lo; lin-gua; que-sto; zai-no; piac-que; pie-no; se-die; rau-co; oc-chia-li; ma-te-ria-le; pin-gui-no; buo-no; eu-ro-pa; piu-ma; foi-ba.
Si possono dividere, invece, i gruppi vocalici che formano uno iato, il quale si realizza di massima in tre casi:
1) se nessuna delle due vocali è i o u: quindi ma-e-stra; a-e-ro-pla-no; po-e-ta; pa-e-sag-gio;
2) se una delle due vocali è i tonica (cioè sulla quale cade l'accento di parola) o u tonica e l'altra è a, e, o, quindi mí-e; bu-gí-a; scí-a; pa-ú-ra (in alcuni casi anche se la seconda vocale è una i o una u, quindi le sequenze iu o ui, come ad esempio in di-úr-no, su-í-no);
3) nelle composizioni, purché sia ancora ben definito il rapporto tra prefisso e base, del tipo ri-em-pi-re; ri-a-ve-re, ri-u-sa-re (solo in questi composti, lo iato si può produrre anche nell'incontro tra u e i).
Tuttavia, ci sono alcuni casi in cui la pronuncia può essere oscillante ed è quindi opportuno verificare di volta in volta (i dizionari riportano sempre la scansione sillabiche delle parole) se le sequenze vocaliche diano luogo a dittonghi o a iati. Un esempio classico, riportato spesso nelle grammatiche, è quello dei derivati del sostantivo via: infatti, se via prevede la scansione vi-a (con la i vocale e quindi uno iato), i derivati come viale, viaggio, viandante ecc. tendono a essere pronunciati con la i semiconsonante e pertanto a produrre un dittongo con conseguente divisione in sillabe via-le, viag-gio, vian-dan-te, ma fuor-vi-an-te; aggiungiamo tra i casi di pronuncia semivocalica - e di conseguenza di dittongo - anche gra-tui-to, cir-cui-to (ma cir-cu-ì-to, participio passato di circuire). Altri esempi in cui, invece, si hanno pronunce vocaliche di i e u (e quindi iato) anche se atone, possono essere cru-en-to, ri-tu-a-le, du-el-lo.
Ultimo punto critico della scansione sillabica sono i gruppi formati da tre vocali che vanno distinti in due casi:
- quando formano un trittongo, in cui si può avere l'incontro di una semiconsonante, una vocale e una semivocale (es. iai, iei, uoi, uai, uei), oppure di due semiconsonanti e una vocale (solo iuo che, nell'italiano contemporaneo, tende a passare a io: barcaiuolo>barcaiolo; aiuola>aiola). In questi casi, anche i trittonghi formano un'unica sillaba e non andrebbero spezzati; quindi, quei, miei, puoi, suoi, buoi, guai sono monosillabi;
- invece, quando si tratta di una vocale seguita da un dittongo (ad esempio aia, aio, aiu), si può andare a capo dopo la vocale: ma-ia-le, cen-ti-na-io, a-iu-ta-re, pa-io-lo.
A cura di Raffaella Setti
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca
Il soprastante brano è stato tratto dal sito dell'Accademia della Crusca. Cliccare qui per leggere la pagina originale..
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